Federico II Hohenstaufen, nipote di Federico Barbarossa, per tanti versi è stato il principale personaggio dell’epoca, nonché figura cruciale per il destino della città di Salerno.
Svevo da parte paterna e normanno da quella materna, Federico II non percepì alcun legame di patria con Salerno, la prima capitale normanna, ma piuttosto con Palermo, dove passò parte dell’infanzia, e con Napoli, dove venne meglio accolto, e di cui decise di favorire lo sviluppo e l’importanza politica e militare a scapito di Salerno.
Monarca assoluto
Federico II incoronato, a 13 anni, continuò, senza titubanze, la politica accentratrice ed assolutistica del padre e del nonno. Sebbene colto e liberale nell’ambito della propria corte, egli, che aveva vissuto l’infanzia sotto la continua minaccia di essere assassinato da uno dei vari pretendenti al trono, si apprestò ad eliminare -in senso letterale- tutte le possibili fonti di opposizione al suo dominio.
L’assolutismo feudale e le sue conseguenze
Della politica assolutistica di Federico II furono vittime non solo i vassalli che dimostravano una poco trasparente sottomissione, ma anche le semplici espressioni di autonomia locale, le municipalità della miriade di fiorenti comuni del mezzogiorno d’Italia che si erano sviluppate a partire dal periodo bizantino e longobardo.
La piccola nobilitate cittadina, le consorterie di commercianti, le gilde di artigiani e di intellettuali, medici, speziali, notari che nel nord d’Italia, e anche di altre parti d’Europa, avevano saputo tener testa, anche vittoriosamente, al Barbarossa, furono, nel regno di Federico II, sistematicamente eliminate e sostituite da fedeli vassalli e funzionari di uno stato feudale e centralistico il cui fulcro era l’Imperatore.
Nord e Sud Italia
E’ da questo periodo che nasce la divaricazione nella cultura politica, economica ed amministrativa, tra il nord ed il sud della Penisola: la parte settentrionale della penisola si fraziona in tante autonomie locali -che daranno poi luogo all’età dei Comuni e delle Signorie- mentre il meridione viene forzatamente unificato in un “Regno” con unica amministrazione, unica organizzazione ed unico centro di potere.
Tale diversità darà prova e sarà causa delle alterne situazioni di forza e di debolezza che ciascuna organizzazione del potere politico produrrà nel corso dei secoli seguenti.
Il Giustiziere e la Scuola Medica Salernitana
Nel 1220 Federico II nomina l’arcivescovo di Salerno “giustiziere”, cioè giudice ed amministratore, degli abitanti delle terre della sua chiesa; nel 1224 fonda l’Università di Napoli, togliendo importanza allo “Studio” -ben più antico- di Salerno, anche se nelle “Costituzioni Melfitane“, l’imperatore svevo sancisce il riconoscimento legale della Scuola Medica di Salerno.
Nel 1250, dopo una epopea indubbiamente ricca di avvenimenti che poco toccarono la città di Salerno, muore Federico II e gli succede Corrado II che, tra i vari atti, riconosce alla Scuola Medica Salernitana la qualifica ufficiale di “studium” ed aggrega ad essa l’Università di Napoli; è questo probabilmente l’atto che riconcilia Salerno con la dinastia sveva, anche se fu sotto il regno di Manfredi, nel 1258, che fu ricostruita ed ampliata parte della cinta urbana e, grazie anche alle opportune sollecitazioni del nobile salernitano Giovanni da Procida, fu costruito il molo del porto cittadino, attuale ‘molo Manfredi’.
La fine della dinastia sveva
Ma nel 1266 Manfredi viene sconfitto da Carlo I d’Angiò a Benevento, grazie anche alla defezione di molti suoi riottosi vassalli.
L’idillio tra la città e la dinastia sveva si interrompe bruscamente. Anzi, la fedeltà dei salernitani agli svevi, testimoniata anche dall’impegno di Giovanni da Procida nell’organizzare la resistenza e la rivolta al nuovo dominatore, provoca la dura reazione degli angioini, e porta alla città distruzioni, soprusi, angherie e devastazioni, in una tragica ripetizione di quanto era accaduto alla fine del regno normanno.
Due anni dopo la morte di Manfredi, Corradino di Svevia, sceso in Italia per riconquistare quella parte del proprio impero, viene sconfitto a Tagliacozzo e decapitato a Napoli nel 1268, determinando così la fine del dominio degli Hohenstaufen, e l’inizio del dominio Angioino.
Lo sviluppo della città
Nonostante tutte le vicissitudini la città, nel frattempo, continua la sua lenta espansione; all’inizio del periodo angioino Salerno appare divisa in quattro rioni:
il Planus Montis, la zona alta della città che parte dal Castello e scende fino al decumano che unisce Porta Rotese a est, con Porta Nocerina ad ovest;
il locus Veterensium, dove il principe Guaiferio nell’870 aveva consentito si stabilissero dei profughi vietresi. Il locus, tra vicoli e stradine, si estendeva dalla chiesa di Santa Trofimena fino alla via degli Speziali;
la Curtis Dominica, che era il luogo più vitale della Città, dove era situato il palazzo principesco di Arechi, gli uffici amministrativi e giudiziari e che confinava ad est con la Drapparia, attuale via dei Mercanti, e a sud si apriva con la Porta di mare, direttamente sul Tirreno;
infine ad ovest il rione più recente l’Ortus Magnus, che iniziava ad ovest con via Duomo, includeva la Cattedrale di San Matteo ed il castel Terracena, ed arrivava ad est alla cinta muraria, sulla quale si apriva la porta Elina, la Porta Nova, e, da ultimo, la Porta dell’Angelo, al piede del vicolo Ruggi.