Con un editto di Carlo II d’Angiò, nel 1294, vengono ridotte le tasse agli ebrei salernitani che si convertono al cattolicesimo, mentre la vocazione commerciale della città viene sempre più affiancata dal suo rinnovato ruolo di roccaforte militare.
Anche le zone di Pastena e San Mango vengono incluse, da quegli anni, nella sfera cittadina ed ospitano floridi “viridari” (agrumeti) che sono, insieme ad altre redditizie coltivazioni ed agli allevamenti di bestiame, la vera fonte di ricchezza dei feudi e dei notabili che li amministrano.
Il tessuto connettivo
L’aristocrazia cittadina dell’epoca continuava a formarsi attraverso un lento processo di stratificazione sociale e familiare che spesso recuperava i sopravvissuti dei susseguenti cambi di casato regnante. I più fortunati ed abili tra costoro, scampati alle susseguenti guerre di successione, ma anche alle esiziali epidemie, alle carestie e alle normali avversità, riuscivano a non perdere ogni avere ed a ricoprire, attraverso il “tessuto connettivo” della Chiesa, anche una qualche residua funzione “pubblica” non assegnata ai vassalli del casato vincente.
Questa classe di feudatari, notabili e amministratori costituiva un succedaneo di quella classe borghese che nel frattempo andava formandosi nel centro-nord della penisola.
La fortunosa integrazione delle famiglie salernitane
In questo processo di integrazione antichi bizantini, combattivi normanni, svevi e forti longobardi e anche versatili arabi ed ebrei, diventavano semplicemente salernitani, il popolo salernitano, che al successivo cambio di casata avrebbe accolto i superstiti dei precedenti dominatori. I notabili salernitani quindi si dedicavano assiduamente alla gestione ed amministrazione dei propri fondi ed allevamenti, adattandosi, di volta in volta alle nuove Casate regnanti ed ai nuovi dominatori, subendone il più delle volte gli avversi destini, ma incapaci o impossibilitati ad ampliare i propri orizzonti ed interessi oltre il limite del feudo.
Da queste famiglie, quali i Capograsso, i Guarna, i D’Aiello, i Quaranta, i Della Porta, i Domnomusco, i De Ruggiero ed altri, le case regnanti attingevano per prestiti e per vettovagliamenti ma anche per notai, avvocati, medici, amministratori e funzionari regi. Tuttavia attraverso questo processo di acquiescente adattamento gli stessi notabili rinunciarono al primato della conduzione dei destini della città e dismisero i ruoli di classe dirigente per adottare quelli di classe amministrativa; gli effetti di questo processo si sono poi palesati nel corso dei secoli a venire.
Rinascita della Scuola Medica Salernitana
Nel corso del dominio Angioino la Scuola Medica Salernitana ottiene di nuovo, per volontà dalla Regina Giovanna I, il diritto di rilasciare autonomamente le proprie lauree, mentre il nobile locale Ruggiero Sanseverino ottiene, nel 1348, il titolo di protonotario di Salerno.
Nel 1408 la Regina Margherita, vedova di Carlo III di Durazzo, consegna il regno Angioino al figlio Ladislao, trattenendosi quale appannaggio la città di Salerno. Un suo gentiluomo di corte, Tommaso Guardati, noto come Masuccio Salernitano, scriverà il “Novellino”, imperniato sulle vicende cittadine.
Feudo di Casa Colonna 1423
La città viene concessa in feudo alla Casa Colonna nel 1423 dalla regina Giovanna II, la cui morte dà origine ad una guerra di successione tra Renato d’Angiò e Alfonso d’Aragona per il Regno di Napoli.
Dal 1442, per effetto di questo conflitto saranno gli Aragonesi spagnoli i nuovi dominatori della città.